La presbiopia si manifesta con sintomi analoghi a quelli della ipermetropia: la difficoltà di mettere a fuoco da vicino (in una prima fase…).
Secondo la medicina ufficiale il disturbo è da attribuirsi ad un indurimento del cristallino, che viene considerato come unico mezzo per l’accomodazione, in relazione all’avanzare dell’età del soggetto. Con l’invecchiamento, oltre all’indurimento del cristallino si verifica anche una perdita di funzionalità dei muscoli che ne determinano la contrazione, pertanto il soggetto avrà sempre maggiori difficoltà a vedere da vicino.
Bates scriveva “Se le persone che scoprono di essere diventate presbiti, o che sono giunte all’età in cui la presbiopia solitamente appare, facessero pratica di lettura della stampa più fine che riescono a trovare, l’idea che il declino della forza accomodativa sia un normale risultato della vecchiaia, morirebbe presto di una morte naturale” (Perfetct Sight Without Glasses).
Secondo Bates, similmente all’ipermetropia, la presbiopia dipende sempre da uno “sforzo per vedere al punto prossimo”. Si tratta di una forma di ipermetropia che influisce principalmente sulla visione da vicino, anche se, contrariamente a quanto si crede, la visione da lontano risulta sempre indebolita da questo disturbo visivo. Quando l’occhio si sforza per vedere al punto prossimo, la messa a fuoco viene sempre spinta più lontana rispetto a prima. Quando una persona con presbiopia cerca di leggere la stampa fine e fallisce in ciò, il punto di messa a fuoco possibile viene allontanato rispetto alla distanza precedente al tentativo, indicando in tal modo che il fallimento è stato causato da uno sforzo. Anche il solo pensiero di effettuare un tale tentativo produrrà sforzo, pertanto una variazione della rifrazione, prima ancora che la stampa fine venga osservata.
Per la nostra esperienza possiamo affermare che nel caso della presbiopia, una dieta “naturale” ed il più possibile “genuina” aiuta moltissimo nella riduzione del problema (per tutta una serie di meccanismi fisiologici ed anche psicologici collegati all’alimentazione stessa) ma, in linea con il Bates, tutto ciò che risulta essere in grado di ridurre lo sforzo inconsapevole realizzato per vedere al punto prossimo rappresenta la condizione di base per la risoluzione della stessa.
Se la teoria ancora diffusa per la quale tutto il processo dell’accomodazione è a carico del solo cristallino fosse corretta, verrebbe spontaneo credere che una volta che tale struttura risulta “indurita” per l’età, non è più possibile vedere nitidamente al punto prossimo. Il problema nasce però dal fatto che tale ipotesi contrasta con quanto abbiamo sinora riscontrato, ovvero che la persona affetta da presbiopia, appreso come vedere in modo rilassato al punto prossimo, è in grado di vedere nitidamente a tale distanza. In pratica, l’indurimento del cristallino non risulta essere l’unico fattore in gioco nella visione al punto prossimo e la persona correttamente educata ad utilizzare tutte le proprie potenzialità visive, a prescindere dall’età, è capace di una vista perfetta anche al punto prossimo e di auto-correggere la propria presbiopia.